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Blackenstein

Blackenstein aka Black Frankenstein.
Regia di William A. Levey. Stati Uniti, 1973.

La Dottoressa Winifred Walker bussa alla porta del castello del Dottor Frank Stein ( che si trova sulle colline di Bel Air a Los Angeles ), fresco di premio Nobel per “aver risolto il codice genetico del DNA”. È disperata perché il suo fidanzato Eddie, un militare finito sopra una mina antiuomo ha perso braccia e gambe, quindi sapendo quanto è bravo a fare le magie il Dottor Stein, lo prega di risolvere il problema. Lo scienziato pazzo accetta e in meno di dieci minuti gli arti del povero soldato tornano al loro posto ma il suo assistente, Malcomb si infatua della bella Winifred e boicotta la guarigione di Eddie, trasformandolo in una creatura vendicativa assetata di sangue. A farne le spese sarà un nutrito gruppo di ragazze sexy che per i più disparati motivi vagano di notte lungo le strade di Los Angeles finendo sempre per incappare nella creatura del dottor Stein.

Blackenstein rientra a buon diritto nel filone Blaxploitation horror ma a differenza del precedente Blacula ( campione di incassi e ben accolto dalla critica specializzata ), questa pellicola non ho ricevuto la stessa accoglienza. E in effetti dopo aver visionato il film, riconosco che ci troviamo di fronte a un prodotto di bassa qualità, in cui le pecche maggiore sono riscontrabili nella pessima recitazione dei protagonisti ( i loro personaggi sono macchiette senza nessuno spessore psicologico ), nel montaggio lento, incapace di scorrere in maniera fluida e in una regia debole che per allungare la minestra ricorre all’inserimento di scene totalmente distaccate come la performance canora della cantante blues Cardella De Milo e uno sketch comico di un cabarettista. Si salva ma soltanto per il risvolto comico, il trucco e parrucco di Eddie, che inaugura il primo e unico Frankenstein con la pettinatura afro.

Nonostante il richiamo più che esplicito al meraviglioso racconto di Mary Shelley, la sceneggiatura di questa pellicola è una variazione alquanto approssimativa di Frankenstein. Il dottore pazzo è sostituito da due, Frank Stein e Malcomb, il primo bianco e il secondo di colore, i quali non intendono dare vita a una creatura ricomposta con pezzi di cadaveri assemblati insieme ma fornire a un veterano di guerra delle nuove braccia e gambe. C’è anche un accenno di trama secondaria che riguarda un siero ringiovanente iniettato a una novantenne ospite della clinica/castello di Stein.

Il film prova anche la carta degli effetti speciali ma il risultato è terribile. Eddie dopo la trasformazioni in mostro è a dir poco ridicolo. Così come ridicola e priva di tensione è la sequenza finale in cui trova la morte: due dobermann lo affrontano e lo gettano a terra. Poi uno dei due se ne va via con un braccio posticcio tra le fauci. A conti fatti, credo che l’unico motivo per affrontare la visione di questa pellicola possa essere uno studio approfondito del cinema horror blaxploitation altrimenti è possibile vivere anche senza quest’esperienza.

CONSIGLIATO A QUELLI CHE NON HANNO IDEA DI COSA SIA FRANKENSTEIN.
SCONSIGLIATO AI SOSTENITORI DI BLACK LIVES MATTER.


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